Ebola, il sangue dei guariti è una cura

In qualche modo sembra di tornare indietro nel tempo, quando per curare diverse patologie si contava sulle secrezioni o su altri liquidi biologici di persone malate per riuscire ad immunizzare i pazienti. Eppure ad oggi pare proprio che questo semplice principio di trattamento possa risultare l'arma più efficace per affrontare i casi conclamati di infezione da virus Ebola, almeno nei Paesi industrializzati. E così, la scienza continua a lavorare sul vaccino ma non disdegna la terapia basata sulle trasfusioni di sangue da pazienti contagiati. Questo approccio è stato infatti impiegato negli Usa anche per il cameraman che si era ammalato in Nigeria, ed anche lui, come altri contagiati, ha ricevuto il plasma dal medico missionario sopravvissuto all'infezione. Altri due pazienti sono stati trattati in questo modo e l'approccio sembra aver funzionato. Purtroppo il donatore, ovvero il missionario Kent Brantly, non ha potuto donare il sangue né all'infermiera ricoverata ad Atlanta né ad un'altra sopravvissuta, né tanto meno per il primo paziente morto a Dallas. A negare questa opportunità è stato un semplice ma insuperabile problema di compatibilità biologica. Insomma, il sangue di chi ha superato l'infezione può davvero diventare una possibile terapia, offrendo magari quelle componenti difensive all'organismo che possono venire dall'aver superato con successo l'infezione. Il tutto, ovviamente, in attesa di un vaccino.